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SEMBRAVA BELLEZZA, recensione

Sembrava bellezza, questo romanzo. E in un certo senso è stato bello, in parte almeno.
Non posso dire in tutta onestà che non sia un buon libro: è scritto divinamente (forse qualche inciso di troppo, sono davvero tanti, ma è un gusto soggettivo), ha una storia interessante, a tratti struggente e dolorosa, come piace a me.
Sembrava bellezza, infatti. Sarebbe potuto essere bello, bellissimo, stupendo, se solo l’autrice non avesse fatto di tutto per rendersi antipatica, strabordando di vanità a ogni pagina.

Se si fosse trattato di un romanzo fiction, di una storia completamente inventata, se l’io narrante fosse stato un personaggio letterario e non persona vera, ne avrei parlato meravigliosamente bene. Ma la Ciabatti ha scelto di raccontare se stessa. Lo ha fatto, tuttavia, vomitando rabbia e risentimento nei confronti di chiunque, elevandosi al disopra di ognuno: familiari, amici, colleghi, detrattori.
Lei è migliore, ripete continuamente, riservandosi complimenti e autoelogi ogni dieci righe almeno, appesantendo la lettura, rendendola quasi insopportabile.

Non si limita a peccare lievemente di vanità, a concedersi una volta o due il gusto di riconoscersi una qualità. Fa di più. Diciamo che se la vanità fosse un sassolino, Teresa Ciabatti sarebbe una montagna. È incapace di ridimensionarsi, di porre un freno alla sua megalomania.

Parla, a un certo punto, della gente che la riconosce per strada, che la ferma, che le dice che è bravissima; racconta della folla che la acclama e risulta davvero poco credibile, poco convincente. Viviamo, purtroppo, in un Paese troppo mediocre affinché gli scrittori possano essere riconosciuti e osannati per strada. Il lettore, dunque, di fronte a cotanta esagerazione non può fare a meno di pensare che se ha mentito su questo, forse ha mentito anche su tutto il resto.

Perdono valore, pertanto, le sue parole struggenti, i suoi drammi. Perde valore la sua storia, che sarebbe stata stupenda al netto del suo ego.

Più tardi ammette che la sua è mitomania. Che finge quando si dà delle arie, che lo fa per nascondere la sua fragilità, la sua inconsistenza. Eppure suona falsa questa sua ammissione di debolezza, è una confessione recalcitrante. Suona finta questa sua umiltà tardiva, poco naturale. Un po’ come quando ci si insulta da sole solo perché si spera che chi ci sta affianco (marito, amica, amante) ci risponda che non è vero e ci elargisca un complimento gratuito.
È durata pochi mesi la mia fama, poi l’oblio, dice. Ma è troppo poco troppo tardi, un cerotto sul Gran Canyon. Non è sufficiente una pietra ad arginare la marea di volte in cui, nelle centocinquanta pagine precedenti, ha ripetuto fino allo sfinimento di essere brava, di essere una persona di successo. Il successo, la fama, il talento, io ce l’ho fatta, io sono la scrittrice, io io io. Un continuo rigurgito di autoreferenzialità.

Non a caso, passano a stento due capoversi quando ricade nell’errore e torna a definirsi superiore, grande scrittrice, buona, mica cattiva come ci ha fatto credere, fingeva.

Anche Annie Ernaux racconta se stessa ed è spietata quando ammette i suoi errori e umile quelle rare volte in cui cede all’indulgenza e sceglie di perdonarsi. Trasudano verità le sue parole, la Ernaux appare autentica, vera, onesta. Nel bene e nel male. Suscita tenerezza, empatia, ammirazione.
Teresa Ciabatti non dosa altrettanto bene durezza e dolcezza, rabbia e perdono. Il risultato è che a ogni pagina, proprio quando il lettore sta per abbandonarsi alla bellezza della storia e della scrittura, viene abbagliato dallo straripamento dell’ego ciabattiano.

Sei brava, Teresa, davvero. Sei un’autrice straordinaria. Ma lascia, ti prego, che siano gli altri a dirtelo.

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2 pensieri riguardo “SEMBRAVA BELLEZZA, recensione

  1. Roberta Criscio sei stata molto schietta. Questa tua onestà intellettuale rende, se ce ne fosse bisogno, ancora più obiettive le recensioni positive cui ci hai abituati.
    A mio avviso, se le tue recensioni stroncanti sono rare, è perché il tuo fiuto ti consente a priori di scegliere gli autori non banali.
    Evidentemente, questa scrittrice la ritieni di talento e … ti ha tentata. L’hai giudicata inaccettabile ma non banale. (il difetto peggiore di uno che scrive pur essendo “non scrittore”.
    Che dire? Conoscendo la tua pacatezza e buonsenso, questa recensione mi ha molto “preso” e finanche divertito.
    Hai mostrato molta sincerità, proprio quella che manca alla scrittrice Ciabatti.

    Piace a 1 persona

    1. Grazie, Dino. Mi indispone chi eccede nell’autocelebrazione, in ogni campo. Nel suo, il peccato è ancora più grave, dal momento che se non avesse puntato così tanto sulla sua immagine, ne sarebbe venuto fuori un gran bel libro.

      "Mi piace"

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